| "Un sogno chiamato Milan": alle origini di Davide Bartesaghi con papà Daniele
Il terzino classe 2005 va in tournee con i grandi del Milan: la nostra intervista al padre, artigiano milanista: "E' il regalo più bello del mondo"
Semplicità, la parola chiave. Daniele Bartesaghi risponde al telefono da Milanello. È in macchina. A pochi metri, suo figlio Davide, terzino sinistro classe 2005, sta partendo con la prima squadra del Milan per la tournée negli Stati Uniti. Lui, artigiano della Brianza, milanista di nascita, è commosso. Parla con la voce rotta, e racconta a gianlucadimarzio.com le origini di una bella favola a tinte rossonere. "L'emozione è fortissima. Già l'anno scorso, quando è andato a Colonia con Pioli e ha esordito, è stato incredibile. L'ho visto entrare in campo e ho sentito il cuore stringersi. Non ci credevo, nulla di tutto questo era calcolato. Era solo un divertimento, un sogno: sta diventando realtà.
Bartesaghi, diciassette anni, è un aspirante-Theo, con un fisico importante e un mancino da top player. Le caratteristiche tecniche sono facili da descrivere. Papà Daniele, invece, ci racconta i dietro le quinte: "Caratterialmente è chiuso, timido e rispettoso, non è un ragazzo sfacciato. Ha bisogno del suo tempo, ma sa gestire molto bene l'emozione: mi ha detto che in Youth League i fischi lo caricavano. Ora speriamo che impari molto, è un'opportunità unica. Lui sa che se ha bisogno ci sono sempre: di professione sono un artigiano muratore, lavoro da solo, quindi mi gestisco i tempi. Lo porto avanti e indietro se serve, perché questo è il suo sogno".
"Il regalo più bello del mondo" La voce di Daniele Bartesaghi dice tutto. È quella di un padre orgoglioso e umile. Ci chiede qualche secondo di pausa: "Scusate, mi sono commosso". Si schiarisce la voce e ripartiamo: "Ogni ragazzo ha il suo livello di potenziale, non so quale sarà quello di Davide. Ma è arrivato fin qui, mi ha fatto il regalo più bello del mondo”. Lo deve al suo impegno. Ricordo che durante la pandemia, un giorno, è venuto da me e mi ha chiesto: 'Papà, mi servirebbero degli attrezzi per allenarmi'. I negozi erano chiusi. Così, gli ho preparato io dei bilancieri e dei pesi artigianali, con i materiali che avevo. Andava in camera e si allenava da solo, senza dire niente. In quel periodo è esploso fisicamente".
"Calabria lo vuole come vice-Theo, e Pioli..." Ora il grande salto lo aspetta, dopo una stagione da sotto età in Primavera: "Con Abate non era sempre un titolare, ma la cosa non mi ha mai preoccupato. So che il club ha fiducia in lui, ci vuole pazienza. Intanto, in prima squadra un anno fa lo chiamavano per cognome, ora lo chiamano per nome. È una cosa bellissima. Mi racconta che si trova bene con Leao e Giroud: avere il loro supporto è fondamentale. Sono idoli per me che sono un semplice tifoso, figuriamoci per lui".
"Al raduno ha parlato con Calabria; il capitano gli ha detto che entro sei mesi lo vuole in prima squadra come vice di Theo, perché è cresciuto tanto". E anche Pioli conferma: "Dopo due anni, mi sono permesso per la prima volta di salutarlo personalmente. Gli ho detto che sono il padre di Davide, la sua risposta mi ha riempito il cuore: 'Suo figlio è un giocatore spaziale e un ragazzo fantastico. Ha grandi margini di crescita, e noi lo faremo crescere'”. E ora, anche Franco Baresi è più vicino alla squadra. Daniele scandisce bene quel nome: l'idolo di sempre, il mito di una vita. “Baresi”: "Racconta ai giovani la sua esperienza, che è storia. Loro devono apprendere, sono lezioni di calcio".
Tutto nasce da un "sì" Da Annone Brianza agli Stati Uniti. I colori rossoneri sono stati sempre un filo conduttore… o quasi: “Quando aveva quattro anni e giocava all’oratorio mi hanno subito detto: ‘Ha una marcia in più’. Il primo club a cercarlo fu il Milan, ma alla fine, sotto consiglio, lo mandai all’Atalanta. Però, ero nuovo nell’ambiente e non ho mai firmato il cartellino: così dopo un anno e mezzo a Bergamo siamo andati al Milan. Al Vismara, al provino, c’erano Inzaghi, Carbone e Maldini. Mi hanno chiesto se Davide volesse far parte della famiglia rossonera. Io non ho avuto parole per rispondere, ero bloccato. Ci ha pensato lui: ‘Sì’. Sono passati undici anni. E ora siamo qui, lo guardo partire con i grandi”. Storie di calcio, di amore e di Milan. "Vai, impara, sogna", firmato "papà".
gianlucadimarzio.com
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