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Storie di calcio estero, Fatti e avvenimenti particolari di uomini e squadre di calcio

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view post Posted on 28/12/2019, 14:48
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Milanista Eterno

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Apro questo topic dove si possono postare storie, curiosità, news particolari del calcio mondiale.

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Saint-Pierroise, dall'Oceano Indiano ai 32esimi di Coupe de France

Risultato storico per il piccolo club dell'isola La Réunion: il Saint-Pierroise è l'unica squadra della Francia d'oltremare qualificata ai 32esimi di Coppa. Contro il Niort, sarà trasferta record


Paradiso tropicale, vecchia tappa della Compagnia delle Indie orientali, residuo dell'Impero coloniale francese. Calcio? Poco, tra gli scogli remoti di La Réunion. La cittadina di Saint-Pierre, nel sud dell'isola, è nota soprattutto per aver dato i natali al centrocampista del Marsiglia Dimitri Payet. Ma nelle ultime settimane è entrata negli annali del calcio francese: merito del Saint-Pierroise, la squadra locale che un turno alla volta si è arrampicata fino ai 32esimi di Coupe de France.

Nessun club, tra i dipartimenti d'oltremare francesi, ci era mai riuscito. Un cammino trionfale, quello dei bianconeri: come la Juventus, la squadra più titolata del loro campionato (24 trofei riunionesi) e campione in carica dallo scorso primo dicembre. Tre giorni dopo è arrivata la vittoria ai rigori sul campo del Thaon, squadra di quinta serie francese, che ha spianato la strada ai ragazzi allenati da Jean-Pierre Bade.

Prossimo avversario? Il Chamois Niortais. E qui, la rivelazione Saint-Pierre sarà chiamata a un'autentica impresa, contro i biancazzurri di Ligue 2. Ma solo arrivare a Niort, nell'ovest della Francia, basta per scriverci un libro: oltre un giorno di viaggio, tra voli intercontinentali e scali obbligati. Per scrivere la storia, questo e altro. Chissà se farà il tifo anche Payet.

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view post Posted on 28/12/2019, 15:58
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Milanista Eterno

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Si la coppa di Francia propone spesso questi viaggi immensi perché ci partecipano anche le società dei territori d'oltre mare

A proposito di calcio estero, si gioca Celtic- Rangers
 
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view post Posted on 28/12/2019, 20:22
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Milanista Incallito

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Il Calais resta sempre la favola più bella per la coppa di Francia
 
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view post Posted on 29/12/2019, 19:58
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Old Firm, la rivincita dei Rangers: sbancano Celtic Park dopo 9 anni

La squadra di Gerrard vince 2-1 il derby di Glasgow e rende ancora più incerta la lotta per il titolo. L’ultimo successo dei Gers in casa degli eterni rivali in campionato era datato ottobre 2010

Dica tremilatrecentocinquantatre. Tanti sono i giorni trascorsi tra la penultima vittoria dei Rangers a casa Celtic (ottobre 2010) e l’ultima (arrivata proprio nel pomeriggio di oggi). Parliamo di campionato, perché nel marzo 2011 la parte blu di Glasgow aveva esultato nel tempio nemico in Coppa di Lega. Ma da qualunque lato la si voglia guardare, i Gers non assaporavano questa gioia da tanto, tantissimo tempo. In mezzo c'è stato di tutto, compreso il fallimento del club e la sua retrocessione in quarta serie nel 2012: da lì, promozione dopo promozione, è partita la scalata che ha riportato i 54 volte campioni di Scozia nel posto che compete loro. Fino al trionfo in questo storico Old Firm in trasferta.

TESTA A TESTA— Mentre il Liverpool corre senza ostacoli verso la vittoria di un campionato inglese che manca da trent'anni, dunque, Steven Gerrard spera di conquistare il campionato scozzese: destino curioso per l'ex capitano dei Reds, che durante la carriera ha vinto tanto in Europa, ma mai la Premier League. I suoi Rangers ora sono a -2 dal Celtic capolista, ma hanno giocato una gara in meno (19 contro 20).

DECIDE KATIC— A Celtic Park, come sempre, la sfida è stata caldissima. Partenza arrembante dei Rangers, ma poco dopo la mezz'ora una trattenuta di Katic in area regala il rigore ai biancoverdi: McGregor gela lo stadio parando alla grande il penalty di Christie. E al 36' gli uomini di Gerrard vanno in vantaggio: Barisic trova Kent che di sinistro fulmina Forster. Prima dell'intervallo, però, il McGregor del Celtic - Callum -propizia il pareggio, con un tiro deviato da Edouard. Il gol che decide la partita arriva al 56': Katic svetta su corner fa 2-1 per i Rangers. Nel finale c'è il tempo per la simulazione di Morelos, che rimedia il secondo giallo e viene espulso. Minuti tesissimi prima che il match si chiuda, ma non succede altro. E Gerrard urla la sua gioia con la faccia nella telecamera.

Gazzetta



Edited by Ibra10 - 4/1/2020, 23:18
 
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view post Posted on 30/12/2019, 09:56
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Gerrard prossimo allenatore del Milan con Ibra centravanti
 
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view post Posted on 4/1/2020, 23:16
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Saint-Pierroise, dall'Oceano Indiano ai 32esimi di Coupe de France

Risultato storico per il piccolo club dell'isola La Réunion: il Saint-Pierroise è l'unica squadra della Francia d'oltremare qualificata ai 32esimi di Coppa. Contro il Niort, sarà trasferta record


Paradiso tropicale, vecchia tappa della Compagnia delle Indie orientali, residuo dell'Impero coloniale francese. Calcio? Poco, tra gli scogli remoti di La Réunion. La cittadina di Saint-Pierre, nel sud dell'isola, è nota soprattutto per aver dato i natali al centrocampista del Marsiglia Dimitri Payet. Ma nelle ultime settimane è entrata negli annali del calcio francese: merito del Saint-Pierroise, la squadra locale che un turno alla volta si è arrampicata fino ai 32esimi di Coupe de France.

Nessun club, tra i dipartimenti d'oltremare francesi, ci era mai riuscito. Un cammino trionfale, quello dei bianconeri: come la Juventus, la squadra più titolata del loro campionato (24 trofei riunionesi) e campione in carica dallo scorso primo dicembre. Tre giorni dopo è arrivata la vittoria ai rigori sul campo del Thaon, squadra di quinta serie francese, che ha spianato la strada ai ragazzi allenati da Jean-Pierre Bade.

Prossimo avversario? Il Chamois Niortais. E qui, la rivelazione Saint-Pierre sarà chiamata a un'autentica impresa, contro i biancazzurri di Ligue 2. Ma solo arrivare a Niort, nell'ovest della Francia, basta per scriverci un libro: oltre un giorno di viaggio, tra voli intercontinentali e scali obbligati. Per scrivere la storia, questo e altro. Chissà se farà il tifo anche Payet.

(IMG:https://upload.forumfree.net/i/bf1068060/S...4735_Chrome.jpg)


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Saint-Pierroise, la storia continua: è ai sedicesimi di Coppa di Francia

Il piccolo club di La Réunion vince anche a Niort: nessuna squadra della Francia d'oltremare era mai andata così avanti


Lo scoglio che batte il continente, il Saint-Pierroise continua a sognare. E a rovesciare i pronostici, partita dopo partita: possibile che una squadra della Réunion Premier League (suona bene, ma è un campionato amatoriale nel mezzo dell'Oceano Indiano) faccia l'impresa in casa di una formazione di Ligue 2? Meraviglie delle coppe di lega (non solo in Francia).

Il Saint-Pierroise era già entrato negli annali della competizione battendo il Thaon ai trentaduesimi, ma oggi le dimensioni della vittoria sono nettamente maggiori. 2-1 al Chamois Niortais, tutti i gol nel secondo tempo, senza bisogno dei supplementari. Ora la squadra allenata da Dafreville è ai sedicesimi di Coppa di Francia: dal 1989 a oggi, nessun club delle ex colonie francesi era mai riuscito ad andare tanto avanti.

A Saint-Pierre, la cittadina dei bianconeri nel sud dell'isola, lo sanno bene: (maxi)schermo in piazza e piccola grande festa al fischio finale, per una pagina di calcio da scrivere ancora.

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view post Posted on 13/1/2020, 08:47
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ma partecipano squadre delle colonie francesi( o roba del genere) nella coppa di Francia?
 
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view post Posted on 13/1/2020, 17:12
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CITAZIONE (Milano Rossonera @ 13/1/2020, 08:47) 
ma partecipano squadre delle colonie francesi( o roba del genere) nella coppa di Francia?

Si tutti i territori e i dipartimenti d oltremare
 
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view post Posted on 25/1/2020, 14:02
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25 ANNI DAL CALCIO AL TIFOSO
I gabbiani di Cantona seguono ancora il peschereccio
Il 25 gennaio del 1995, dopo essere stato espulso in casa del Crystal Palace, Eric Cantona colpiva un tifoso con un calcio volante. Ecco cosa resta, 25 anni dopo, di uno dei momenti più folli della storia del calcio che si è concluso con una delle conferenze stampa più belle della storia del calcio


Eric Cantona scosta la tenda e prova a guardare fuori dalla finestra della sua cucina. È giorno già da qualche ora, eppure il sole non riesce a filtrare fino a quel giardino. È come se all’improvviso qualcuno avesse tirato su una barriera. Un muro fatto di carne e di ossa, una parete dalla quale spuntano solo sguardi taglienti e sorrisi ostili. Ce ne sono a decine. Se ne stanno lì fuori, immobili. Con colletti inamidati e con i tailleur colorati. Giornalisti. Fermi, microfono in resta e telecamera appoggiata sulle spalle. Sono lì dio solo sa da quanto tempo. Nel tentativo di rubare un’immagine, di strappare un brandello di dichiarazione.


Perché sono giorni che non si parla d'altro. Per le strade, nei pub, in televisione. Ancora e ancora e ancora. Tutti sono invitati a esprimere la loro opinione. Nella maniera più colorita possibile. Brian Clough, uno che aveva preso a pugni Roy Keane ai tempi del Nottingham Forest, guarda in camera e dice che «bisognerebbe tagliare le palle a Eric Cantona».

Gli altri sono semplicemente più educati. «Sono disgustato dal fatto che un uomo della sua statura si sia abbassato a tanto. Non dovrebbe mai più giocare per lo United», tuona Alex Stepney. «Andando verso la folla si è comportato da hooligan. Non ha niente a che vedere con lo sport», sentenzia Bill Foulkes. «Tu, teppista!» titola il Sun. «Il gesto di Cantona mi ha disgustato. Per un professionista, perdere la testa in quel modo è imperdonabile. Molti ex giocatori lo difendono, ma sbagliano» garantisce Sir Stanley Matthews.

La processione davanti alle telecamere è iniziata quasi subito, fin dalle prime ore della serata. Perché non c’è niente di più maestoso di una divinità che cade nella polvere. E tutti vogliono avere un posto in questa storia.

Una storia iniziata a Londra il 25 gennaio del 1995. Un mercoledì come tanti in una serata qualsiasi dell’inverno più piovoso del Ventesimo secolo. Solo acqua e ghiaccio. Solo freddo che sega le ossa e vento che taglia le labbra. Si gioca a Selhurst Park, Bromley, la zona residenziale a sud della City. Un terreno che per secoli ha offerto rifugio agli zingari. Una foresta famosa per aver fornito legna allo scafo di sir Francis Drake.

È qui che il Crystal Palace riceve il Manchester United. Il calendario dice che si tratta della giornata di campionato numero ventisei. Quello che non racconta è che per la prima volta i Red Devils hanno paura. Dopo due scudetti consecutivi, ora Alex Ferguson si trova in difficoltà. Perché nella prima casella della classifica non c’è più scritto Manchester United, ma Blackburn Rovers.

A Selhurst Park va in scena una partita molto tesa. Negli spogliatoi Alan Smith prende in disparte Richard Shaw e gli spiega il copione da recitare. Vuole che il suo centrale sia attaccato a Cantona come “un cerotto”, che non gli dia un attimo di respiro. Shaw ripete e annuisce, ringrazia e rassicura il suo allenatore. Poi va in campo ed esegue alla perfezione.

Per tutto il primo tempo non perde di vista un attimo Cantona. Dove c’è il francese, c’è anche lui. Appoggia le mani sulla sua schiena, gli tira la maglietta, lo contrasta duro. L’arbitro, l’ingegnere elettronico Alan Wilkie di Newcastle Upon Tyne, non fischia praticamente mai. Lascia correre, dice a Cantona di non lamentarsi, di pensare solo a giocare. Il piano di Alan Smith è perfetto. In 45’ minuti il Manchester United non è mai pericoloso, non riesce mai ad arrivare dalle parti di Martin.

Le squadre stanno rientrando negli spogliatoi, quando Cantona si avvicina all’arbitro. «Nessun fallo nel primo tempo, vero?» grida. «Proprio così», risponde Wilkie. «Bene – aggiunge il francese – allora non fischiare nessun fallo anche nel secondo tempo». Subito dopo tocca a Ferguson. «Ma come fai a non ammonirlo – urla in faccia al direttore di gara – non vedi come sta entrando su Cantona? Devi solo fare il tuo lavoro».

La ripresa dura solo tre minuti. Peter Schmeichel calcia lungo un pallone che supera il centrocampo e plana verso Cantona. Richard Shaw gli sta addosso. Ancora. Con le mani. Con il corpo. Con i piedi. Stavolta è troppo. Stavolta Cantona non ha nessuna intenzione di aspettare un fischio che non arriverà. Il francese rallenta e scalcia il difensore avversario. Poi si ferma a guardare Shaw che perde l’equilibrio e ruzzola per terra. Alan Wilkie stavolta ha visto tutto. E tira fuori dalla tasca il cartellino rosso.

Cantona si porta le mani sui fianchi. Resta fermo ancora un attimo, poi si cammina verso il tunnel degli spogliatoi.

Un passo. Due passi. Tre passi. Quattro passi

Con lo sguardo che pettina l’erba di Selhurst Park. Con le mani che abbassano il colletto della sua maglia nera. È il segnale che il Re ha abdicato, che è finita davvero.

Diciassette passi. Diciotto passi. Diciannove passi. Venti passi.

Sembra frastornato, svuotato. Si ferma a pochi metri da Ferguson. Con la schiena verso la panchina e l’espressione torva rivolta ad Alan Wilkie. Passano cinque secondi. Solo cinque secondi di niente prima che Cantona riprenda la sua marcia, prima che esca di scena una volta per tutte.

Ventuno passi. Ventidue passi. Ventitré passi. Ventiquattro passi.

È allora che Cantona lo vede.

Il suo giaccone nero. La sua camicia bianca. I suoi pantaloni chiari. La sua cravatta improbabile.

Corre giù per venti file solo per urlargli qualcosa. Si precipita fino alla balaustra solo per recapitargli il suo messaggio. «Vattene affanculo, francese figlio di…», grida.

Cantona si ferma davanti a lui. Con il cuore che pompa e con i denti che premono l’uno contro l’altro. Lo osserva per una frazione di secondo, poi si divincola dalla presa di Norman Davies, il magazziniere dello United che per tutta la vita sarà ricordato come “Vaselina”, e si lancia verso gli spalti.

Prende la rincorsa con il sinistro e gli è addosso con il destro. Un calcio al centro del petto. E nel momento in cui i suoi tacchetti affondano in quel giaccone nero, due esistenze destinate a non incontrasi mai si annodano l'una all'altra. E si trascineranno giù verso un abisso fatto di lacrime e dolore.

La gravità della situazione è chiara a tutti. Fin da subito. È chiara a tutti tranne che ad Alex Ferguson. Perché mentre Cantona esce dal campo, l'allenatore è girato di spalle. Se ne accorgerà solo qualche ora più tardi, una volta tornato a casa, a Manchester. Suo figlio Jason ha registrato la partita. E gli domanda se ha voglia di vederla insieme a lui. Ferguson scuote la testa e sorride. È stanco. Troppo stanco per rivivere tutto un'altra volta. Ha bisogno di infilarsi sotto le lenzuola fresche, accanto al corpo caldo della moglie Cathy. Solo che non riesce a prendere sonno. Così decide di alzarsi. Va in salotto. Spinge la cassetta nel videoregistratore, si butta sul divano. Annota gli errori del suo Manchester United. Poi manda avanti fino all'inizio del secondo tempo. Si rivede a bordocampo, con la bocca espansa dal chewing gum e le mani che impartiscono ordini incomprensibili. Ma è al minuto numero quarantotto che Ferguson capisce cos'è che non ha visto in diretta. È al minuto numero quarantotto che Ferguson vede il suo castello venire giù.

La mattina successiva il Board dello United si riunisce per stabilire una linea difensiva. E deve farlo alla svelta. Perché ogni trasmissione, ogni bar, ogni maledetto angolo d'Inghilterra si è trasformato in un tribunale del popolo. E la gente ha sete di giustizia. La Federazione, in via informale, ha sondato la disponibilità del Board a rescindere il contratto di Cantona. Ma non è questo il problema. Perché gli avvocati della FA si stanno spremendo le meningi già da qualche ora. Sono alla ricerca di qualsiasi cavillo che possa giustificare una squalifica a vita per il francese.

Per qualche minuto Ferguson pensa di aver trovato una soluzione geniale. Si potrebbe affermare che l'aggressività di Cantona era dovuta a un calo glicemico. Oppure a un'infezione virale che potrebbe aver colpito il padre e ha messo in agitazione tutta la famiglia. Ma non è così che deve andare. Tre ore più tardi Martin Edwards si presenta davanti alle telecamere e annuncia che Cantona è sospeso fino a fine stagione. Poi fa copiare su un foglio bianco quelle parole e le fa recapitare a casa dell’attaccante.

Cantona è furioso. Torna in camera da letto e si infila i primi vestiti che trova. Un paio di pantaloni neri. Una maglietta bianca. Una felpa nera. Quella giacca colorata che gli piace tanto. È gialla. È rossa. È blu. È nera. Con i teschi e le ossa e i fulmini e uno scarafaggio disegnati sul retro. Esce da casa e cammina in mezzo ai giornalisti riuniti nel suo giardino. Stando ben attento a non chiedere scusa. Facendo molta attenzione a non dire che gli dispiace.

Una scena che si ripete anche il giorno successivo. L’attaccante si presenta al mega store dello United. Vuole comprare una maglietta con il suo numero e il suo nome per il figlio. Poco dopo risale sull’auto azienda e va a mangiare cin un amico al Cornerhouse Art Center. Quando sta per tornare a casa Cantona viene circondato da sei persone. Cercano di fargli perdere le staffe, di provocare una rissa. Solo che Cantona non ha nessuna voglia di farsi coinvolgere. Non dopo tutto quello che è successo. Così volta i tacchi e se ne va.

Quando imbocca il vialetto di casa li trova ancora lì. Sono alcuni protagonisti di The World, il programma notturno di Channel Four. Se ne stanno lì con le fiaccole in una mano e un mazzo di fiori nell'altra. Intonano canzoni di pace con un'espressione bellicosa sul volto. Vogliono solo che Isabelle apra la porta. Vogliono solo restituire la linea allo studio senza dover ammettere che non se li è filati nessuno.

I giornalisti, intanto, si arrampicano sulle Hautes-Alpes fino a casa di Albert Cantona. Di lui sanno poco o niente. Solo che ha origini sarte. Solo che è il padre di Eric. Solo che probabilmente ha abitato in una grotta. Piantonano la sua casa fino a quando non lo vedono uscire. Poi gli spingono un microfono davanti alla bocca. «Signor Cantona - domandando - non pensa che suo figlio abbia esagerato?». Solo che Albert Cantona non è il genere di persona che gradisce le interviste. Soprattutto dopo che suo figlio ha preso a calci un tifoso in diretta. «Senti - risponde a denti stretti - quando mio figlio gioca bene nessuno viene qui. Ora invece siete corsi tutti. Ti consiglio di togliere quel microfono da davanti al mio naso. Perché con quella pelliccia intorno sembra un coniglio. E io ai conigli sparo».

Intanto in un appartamento di Londra c'è un telefono che non la smette un attimo di suonare. A qualsiasi ora del giorno. A qualsiasi ora della notte. Ogni volta che risponde, una voce diversa gli dedica un pensiero. «Stiamo venendo a prenderti», dicono. «Stiamo venendo ad ammazzarti, non ti piacerà per niente», garantiscono. Matthew Simmons aveva smesso all'improvviso di essere una persona invisibile. Perché il 25 gennaio del 1995 era andato allo stadio con il suo giaccone nero. Con la sua camicia bianca. Con i suoi pantaloni chiari. Con la sua cravatta improbabile. Si era precipitato giù per 20 file di seggiolini solo per insultare Eric Cantona. Solo che a quegli insulti aveva fatto seguito un calcio in pieno petto. E a quel calcio in pieno petto aveva fatto seguito una denuncia. E a quella denuncia aveva fatto seguito un’intervista.

A dire il vero non la voleva neanche fare. Ma i giornalisti del Sun gli avevano detto che la popolarità che meritava sarebbe finalmente arrivata. E poi i giornalisti del Sun gli avevano promesso un assegno da 20mila sterline. Così si era fatto fotografare. Con la camicia aperta per mostrare qualche graffio sul petto. E si era fatto anche intervistare. «Vorrei delle scuse» aveva detto «allora potrei anche decidere cosa fare. Potrei anche far cadere le accuse». Simmons aveva stretto la mano ai giornalisti del Sun ma i soldi non erano ancora arrivati. Aveva ringraziato i giornalisti del Sun, ma la popolarità che meritava non gli era piaciuta così tanto.

Perché prima era arrivata una lettera. Quella del presidente del Palace che gli intimava di non presentarsi più a una partita fino a fine anno. Poi erano arrivate le magliette. Avevano la sua faccia, il suo indirizzo e il suo numero di telefono stampati sul petto. In quattro giorni, Matthew Simmons aveva perso la ragazza, il lavoro e gli amici. Ma il Mirror era andato a scavare nel passato di Matthew Simmons da Thornton Heath, South London. Era emerso che il ragazzo era stato condannato a due ani di libertà vigilata per aver tentato di rapinare una stazione di servizio e aver aggredito con una spranga un ragazzo dello Sri Lanka.

Mentre Simmons torna a vivere dalla madre, a febbraio Cantona decide di partire con la famiglia. Da Manchester fino alla spiaggia di Saint –Anne, in Guadalupa. Un paradiso trapiantato sulla terra che si trasforma in un inferno. Cantona, infatti, litiga con un reporter che sta filmando sua moglie in costume. È bellissima. Ma è anche incinta.

Poco dopo il francese torna a Manchester. Deve presentarsi davanti alla commissione della FA. Il Board gli ha preparato un breve discorso, una piccola recita di Natale da ripetere a memoria. «Vorrei chiedere scusa al presidente della commissione - pigola - Vorrei chiedere scusa al Manchester United, Maurice Watkins e Alex Ferguson». Ma non ha ancora finito. «Vorrei chiedere scusa ai miei compagni di squadra» sussurra. C'è ancora una cosa che vuole dire. Qualcosa di essenziale. «E vorrei chiedere scusa anche alla prostituta che ha dormito nel mio letto la notte scorsa».

La commissione annuisce e si ritira per deliberare. La Commissione sorride e torna in aula con la sentenza. Fanno 8 mesi di squalifica. Più del doppio rispetto a quella che gli aveva inflitto lo United.

Ma non è finita. Perché il 23 marzo inizia il processo. Cantona su presenta con una t-shirt grigia e una giacca grottesca. È di panno blu. Senza bavero. Senza risvolti. Con una striscia di cuoio che corre lungo il bordo. Con una spilla a forma di Statua della Libertà in bella mostra. Poco dopo Paul Ince bussa alla sua porta. Lo guarda perplesso. «Ma come ti sei vestito? Mica puoi venire in tribunale vestito così», dice. «Io sono Eric Cantona - risponde il re di Old Trafford - e posso vestirmi come mi pare».

Il tribunale dista appena duecento metri. Eppure Ince e Cantona fanno fatica a camminare. Troppi giornalisti. Troppi flash. Troppe telecamere. Qualche cameraman ha affittato addirittura un piccolo ascensore idraulico. Vuole una visuale perfetta del re che va alla forca.

Una volta in aula il presidente, Mrs Jeane Pearch, legge la sentenza. Due settimane di prigione, dice prima di annunciare che l'attaccante verrà accompagnato nella cella del tribunale. Cantona annuisce e si mette in marcia, annuisce e va a sedersi sul lettino della sua nuova cella. Forse Ince aveva ragione a dire che non era il caso di indossare quella giacca. Dopo qualche minuto si avvicina un poliziotto. «Senta signor Cantona - sussurra - non prende niente da mangiare qui. Faccio un salto da McDonald's all'altra parte della strada e prendo qualche panino e un po' di patatine». Non serve. Perché poco dopo Ned Kelly entra in cella annunciando di aver pagato una cauzione di cinquecento sterline. Se ne parla nell'udienza di appello, 8 giorni più tardi.

Venerdì 31 marzo Cantona entra di nuovo in tribunale. Subito dietro di lui c'è un gruppetto di tifosi. Prima che il giudice Ian Davies prenda la parola, un ragazzino di tredici anni picchietta sulla schiena di Cantona. Gli consegna un bigliettino. Dentro c'è scritto "Buona fortuna, coraggio, re". Il giudice Ian Davies trasforma la pena detentiva in 120 ore di servizi sociali». Il giudice non ha neanche il tempo di finire che un tizio spalanca la porta e schizza fuori. «Ragazzi - urla - il Re è libero, libero! Ce l'abbiamo fatta».

Poco dopo Cantona si trasferisce nella sala conferenze del Croydon Park Hotel. Stavolta è lui a parlare. E gli altri non possono fare altro che ascoltare. E gli altri non possono fare altro che restare in silenzio. Sono tutti lì per sentirglielo dire. Per vedere con i propri occhi Cantona chiedere scusa. Il francese si schiarisce la voce e prende la parola. «Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che le sardine saranno gettate nel mare. Grazie». Poi si alza in piedi e infila l'uscita. Appena 17 parole. Diciassette parole sufficienti a formare una frase entrata nella storia.

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Calcio: Supercoppa Giappone,finale con 9 rigori sbagliati

Fonte: ANSA

La finale della Supercoppa del Giappone al Saitama Stadium, fra i vincitori del campionato (J-League), gli Yokohama Marinos, e quelli della Coppa dell'Imperatore, il Vissel Kobe di Andres Iniesta, passerà alla storia per l'incredibile finale. Le due squadre hanno chiuso il match sul 3-3 e sono quindi andate ai rigori e qui è cominciato un incredibile festival degli errori. Infatti dopo le prime quattro trasformazioni (Thiago Martins e Ogihara per i Marinos, Iniesta e Tanaka per il Kobe), ci sono stati ben nove penalty di seguito non realizzati, fra l'incredulità dei 51.397 spettatori presenti, e dei due tecnici Ange Postecoglu (Marinos) e Thorsten Fink (Vissel). Questa l'incredibile sequenza: Edigar (Marinos) parato, Ogawa (Vissel) traversa, Mizunuma (Marinos) alto, Nishi (Vissel) parato, Matsubara (Marinos) traversa, Osaki (Vissel) alto, Wada (Marinos) parato, Vermaelen (Vissel) alto, Endo (Marinos) traversa. Poi, finalmente, è arrivata una rete dal dischetto segnata Yamaguchi del Vissel Kobe, che ha regalato il trofeo a Iniesta e compagni. Per gli Yokohama Marinos è stata la quinta sconfitta in altrettante finali della Supercoppa disputate. I tifosi si sono consolati con il premio per la migliore mascotte (cosa a cui in Giappone si tiene molto) di tutto il campionato, andato a Marinosuke, il gabbiano che rappresenta il simbolo della squadra dei tre brasiliani Erik, Thiago Martins e Marcos Junior. (ANSA).

Mn

 
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view post Posted on 3/3/2020, 22:19
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DFB Pokal, il Saarbrucken fa la storia: una squadra di quarta serie in semifinale di Coppa

Arrivano i primi verdetti nella DFB Pokal, la Coppa di Germania. I quarti di finale iniziano subito col botto: il Saarbrucken, club di quarta serie, elimina ai calci di rigore il Fortuna Dusseldorf. La formazione di Bundesliga, dopo aver fallito un tiro dal dischetto con Hennings all'83', aveva pareggiato al 90' la rete di Janicke, ma si è arresa ai penalty (ne sono stati calciati ben 10 a testa). L'errore decisivo è stato di Jorgensen, l'autore dell'1-1. Mai una squadra di quarta serie si era spinta così lontano nella coppa nazionale tedesca

Tmw

https://youtu.be/hEVprOQAfRc

Edited by Ibra10 - 4/3/2020, 09:47
 
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view post Posted on 6/3/2020, 11:31
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Copa del Rey, dopo 109 anni finale basca Athletic-Real Sociedad

È la Copa del Rey del nuovo format, del futuro, delle novità. Eppure tutto sembra essere un grande viaggio nel tempo all’interno degli Anni ’80, la grande epoca del calcio basco, quando Athletic Bilbao e Real Sociedad si spartivano i trofei nazionali.
Non vincono una Liga o una Copa del Rey da allora, ma questo prolungato digiuno di più di trent’anni è destinato a interrompersi per una delle due squadre, dato che sarà proprio il Derbi Vasco tra Athletic e Real ad assegnare la Copa di quest’anno.

La qualificazione per la storia
Dopo la qualificazione senza problemi della Real contro il Mirandés, alla finalissima di Siviglia del 18 aprile si qualifica anche l’Athletic, capace di rimontare nel finale contro il Granada: un secondo tempo di sofferenza con due gol subiti di testa, prima di esplodere nella rete qualificazione di Yuri, che tra le tante cose è anche un grande ex della Real Sociedad.

Lasciò San Sebastián per andare al PSG, ma al suo ritorno nel Paese Basco scelse alla fine la via di Bilbao. Oggi è l’eroe di una squadra che l’impresa l’aveva già fatta nel turno precedente eliminando il Barcellona, sconfitto due volte su due a San Mamés in stagione, e che doveva solo legittimare quell’1-0 dell’andata per non mancare all’appuntamento più desiderato da tutti.
Perché nonostante la rivalità, non c’era tifoso della Real Sociedad che non volesse l’Athletic in finale. È la storia del Derbi Vasco, una partita che all’interno di quella comunità conta tantissimo: vero anche Eibar e Alavés (squadra della capitale Vitoria) fanno parte della stessa regione, ma tra Real e Athletic è sempre un’altra storia.

La rivalità tra Real Sociedad e Athletic
Per tradizione, per la grande rivalità, per cosa rappresenta ognuna delle due squadre più titolate della regione: San Sebastián è l’affaccio sul mare, Bilbao è il cuore pulsante dell’entroterra; la Real Sociedad porta la corona di Spagna nel nome e nello stemma, l’Athletic è stato a lungo l’emblema dell’indipendentismo.
Mondi diversi, distantissimi, ma di nuovo assieme per giocarsi finalmente sul campo un trofeo. Una finale di Copa del Rey tra le due squadre ci sarebbe anche già stata, ma è datata 1910 e la Real Sociedad portava ancora il temporaneo nome di Vasconia, mutuato tra l’altro un anno prima da Club Ciclista, con cui vinse per la prima volta il trofeo.
La Real questa coppa l’ha vinta per ultima, con il successo del 1988, ma l’Athletic è un’autentica leggenda della competizione, dato che con i suoi 23 titoli (ultimo però datato 1984) è la seconda squadra dell’Albo d’Oro dietro al Barcellona.
Un Derby che è il perfetto epilogo di una Copa del Rey divertente, spettacolare ed emozionante. Capace di riportare un titolo nel Paese Basco e le lancette indietro fino agli Anni ’80, adesso sì davvero di moda nel calcio spagnolo.

gianlucadimarzio.com
 
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view post Posted on 18/4/2020, 20:21
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Milanista Eterno

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Scozia, il voto del Dundee FC regala i verdetti stagionali e…il caos: Celtic campione, Rangers furiosi e i cugini del Dundee United promossi

Il caso della decisione da parte della Scottish League sui destini della stagione si è risolto grazie alla preferenza mancante, quella del Dundee FC. Il voto del club, però, ha avuto delle conseguenze…perlomeno particolari!


Per un punto, Martin perse la cappa. E per un voto, il Celtic…vincerà il campionato scozzese. Il caso della decisione da parte della Scottish League sui destini della stagione si è risolto grazie alla preferenza mancante, quella del Dundee FC. Il voto del club, che aveva optato per tentare di portare a termine i tornei, non era stato registrato in tempo. Ma nel periodo intercorso tra la prima riunione e la nuova espressione del parere, da quelle parti hanno cambiato idea, non senza qualche polemica, visto che ci sono stati sospetti di tentato voto di scambio. E quindi, come riporta Marca, il 2019/20 (a meno di clamorose decisioni da parte della UEFA) passa agli archivi, con qualche conseguenza…perlomeno particolare.

GLASGOW… – Intanto, il Celtic Glasgow dovrebbe ufficialmente portare a casa il campionato, il nono consecutivo, grazie ai 13 punti di vantaggio sugli eterni rivali dei Rangers. La squadra biancoverde avrebbe probabilmente vinto comunque, ma questo non impedisce alla parte protestante e blu della città di non apprezzare la decisione. “La votazione è stata un disastro, bisogna aprire un’inchiesta al riguardo”, ha tuonato Steven Gerrard. Il tecnico dei Rangers non ci sta a veder terminare la sua prima stagione da allenatore così, ma se la decisione dovesse rimanere questa, Neil Lennon potrebbe aggiungere in bacheca il suo decimo campionato scozzese, il quinto da tecnico degli Hoops dopo aver fatto cinquina già da giocatore. Si festeggerà quindi nelle zone cattoliche di Glasgow? Forse no, anche per evitare polemiche gratuite.

...E DUNDEE – Ma anche a Dundee non è che vada meglio, perchè il voto del Dundee FC, che ha sancito la fine della stagione, ha avuto un effetto collaterale: ha ufficialmente consegnato il titolo di Championship (la seconda divisione) ai cugini del Dundee United. Anche in questo caso c’erano pochi dubbi, considerando che gli arancio-neri avevano dominato il torneo e con otto giornate dalla fine avevano quattordici punti sull’Inverness secondo. Ma il problema è che votando per la sospensione, il Dundee FC (terzo in classifica)si è precluso la possibilità di giocarsi i playoff, considerando che per promozioni e retrocessioni dovrebbero valere solo le posizioni che danno un verdetto diverso. Insomma, una bella confusione. In attesa di capire cosa deciderà la UEFA, che continua a minacciare di escludere dalle coppe le federazioni che non riprendono i tornei…

Il Posticipo
 
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view post Posted on 19/4/2020, 06:47
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Milanista Incallito

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Matti a sospendere tutto
 
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view post Posted on 19/4/2020, 08:11
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È il 19esimo scudetto, Milan campione! Tutti e 19 di stoffa..non di cartone.

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Per me hanno fatto bene, ha prevalso il buon senso. Sarebbe meglio pensare ad organizzarsi per ripartire l'anno prossimo, piuttosto che intasare i calendari.
 
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