| Sandro Piccinini: «La finale mondiale ultima telecronaca per Mediaset» «Dopo una favola lunga 30 anni si chiude un ciclo»: per Sandro Piccinini l’ultimo atto mondiale «come una ciliegina sulla torta». «L’anno prossimo starò fermo»
Il punto e a capo di una carriera ‘ccezionale nella finale mondiale, «ho colmato una lacuna con la ciliegina sulla torta». Per Sandro Piccinini voce dell’ultimo atto di Russia 2018, Francia-Croazia ha rappresentato una svolta professionale. Per la prima volta ha raccontato con le sue sciabolate i Mondiali di calcio, chiusa la rassegna si chiude anche il suo ciclo («una favola lunga 30 anni») con Mediaset.
È arrivato alla fine? «Per vari motivi che non sto qui a dilungarmi a spiegare, sia privati sia professionali, non ci sono più le condizioni per continuare. In attesa in futuro di trovare una proposta che mi stimoli, l’anno prossimo starò fermo. In agenda avrò solo viaggi e trasferte di piacere».
L’annuncio sul suo futuro come una telecronaca secca, del resto lei non ama i telecronisti che si mettono davanti all’evento... «Come principio generale il telecronista non deve essere protagonista, non deve sovrapporsi all’evento, i fenomeni sono i giocatori in campo, non devi essere tu a fare il fenomeno. Il telecronista è al servizio dell’evento, deve dare la giusta enfasi senza esagerare, non deve criticare eccessivamente un arbitro o un giocatore. Certo, la concorrenza è aumentata, una volta i telecronisti si contavano sulle dita di una mano e quindi alcuni tendono a strafare per distinguersi. Confesso che mi capita di togliere l’audio quando ci sono quelli che esagerano».
Beppe Grillo ha detto che eliminerebbe le telecronache. «Non credo sia il caso, non sono tutti così esperti come Grillo da sapere come si chiama il portiere dell’Australia o il centrocampista dell’Arabia Saudita».
Maniacale e perfezionista, lei prepara le telecronache come un calciatore, Pippo Inzaghi mangiava solo bresaola e pasta in bianco. «Pippo è il mio idolo. C’è chi si mangia un capretto e riesce ad andare in postazione senza problemi; io invece ho i miei riti: solo riso in bianco e riposino prima della partita. La telecronaca è anche un fatto fisico, se arrivi già stanco perdi lucidità. E poi sì, sono un perfezionista, la prima ricerca sui nomi dei calciatori dell’Arabia Saudita ho iniziato a farla a febbraio».
Le danno fastidio anche le sbavature «Se mi capita di confondere un giocatore su una rimessa laterale mi imbestialisco e poi ci penso la notte. Rimango a rimuginare anche sulle piccole imprecisioni, quelle di cui uno magari non si accorge. Il fatto è che per carattere gli errori mi rimangono in testa».
Il suo errore più grande in carriera? «Juve-Borussia Dortmund, sembrava che Vieri avesse segnato ma il tiro era sull’esterno della rete».
La partita della storia del calcio che le sarebbe piaciuto commentare? «Argentina-Inghilterra con i due gol di Maradona, quello con la mano e quello con lo slalom pazzesco. Due gol opposti e incredibili nella stessa partita. Ma amo questo lavoro che ti dà un’adrenalina pazzesca. Anche un partita come Giappone-Belgio sulla carta poteva sembrare di routine e invece è stata straordinaria».
Lei ha inventato un nuovo modo di fare telecronache, con un linguaggio che non c’era: il tiro che «non va», il cross che diventa «sciabolata morbida». Ha avuto un modello? «Ebbi la spinta da Enrico Ameri. Io vedevo le partite con le telecronache di Martellini e Pizzul: erano molto seriosi, con un racconto istituzionale, anche un po’ notarile. In radio la voce di punta era Sandro Ciotti che aveva un vocabolario più ricco di Ameri e ne sentivi anche la punteggiatura. Ma Ameri mi colpì per la sua enfasi già a partire dal suo timbro eccezionale. E poi era l’unico la cui voce andava in sync con quello che succedeva. In radio sentivi prima il boato e poi il radiocronista che diceva che era gol; Ameri urlava rete nello stesso momento del boato. Aveva un ritmo bestiale, un racconto coinvolgente. Ho adattato alla tv il modello delle sue radiocronache».
Che Mondiale è stato? «Il livello tecnico in campo non è stato eccelso. Dal punto di vista professionale abbiamo lavorato in stadi eccezionali: non ho mai lavorato così bene, c’è stata una perfezione impeccabile e quasi surreale».
Ha raccontato 17 finali di Champions, il Mondiale è un’altra cosa? «Il Mondiale dà ai calciatori una tensione maggiore e loro ti trasmettono questa adrenalina incredibile, le partite hanno visto grandi prodezze e anche grandi errori, ogni match sembrava un romanzo. Sì, il Mondiale è un’altra cosa».
Il sogno? «Un Mondiale con l’Italia, tra 4 anni»
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