| Criscito: "Ero in un ristorante vicino alla stazione colpita" La testimonianza del difensore dello Zenit San Pietroburgo, Domenico Criscito: "Sono corso a casa ad abbracciare i miei figli"
C'è anche Domenico Criscito tra gli italiani che vivono nella San Pietroburgo sconvolta dall'attentato.
Il difensore dello Zenit, secondo posto in classifica a tre punti dallo Spartak Mosca di Massimo Carrera, vive dal 2011 nella città che si affaccia sul Mar Baltico. Racconta: «Ero a pranzo in un ristorante vicino alla stazione della metropolitana dove c'è stato l'attentato». Ma non ha percepito nessun pericolo: «Sono tornato a casa e ho saputo dalla televisione cosa era successo». Criscito ci tiene a sottolineare che «nei giorni precedenti, nel fine settimana non c'era stato nessun tipo di segnale che facesse pensare a una situazione di allarme» com racconta dopo le telefonate in Italia per tranquillizzare i famigliari e il procuratore Andrea D'Amico che proprio domani dovrebbe tornare a San Pietroburgo.
In città la situazione era tranquilla tanto che il suo giorno di riposo il difensore dello Zenit non ha esitato a trascorrerlo in città come sempre. Svago e appunto il ristorante, poi - spiega - una volta successo il caos «mi sono chiuso in casa e ho trascorso il pomeriggio con i miei bambini». A prescindere dall'appello dell'autorità, che avrebbero in un primo momento consigliato di non uscire dalle proprie abitazioni se non in caso di necessità. E soprattutto ha tirato un sospiro di sollievo quando è riuscito a mettersi in contatto con il suo preparatore Carlo Nicolini: «Lui prende quella linea blu, sempre affollata, della metropolitana di San Pietroburgo per andare al centro d'allenamento della squadra. L'ho sentito, sta bene. Per fortuna non è rimasto coinvolto nell'attentato». Certo che rimane l'impressione è che non ci sia più un posto sicuro dove stare, perché era «impensabile che un città tranquilla come San Pietroburgo potesse essere colpita» conclude Criscito. Per oggi è prevista la ripresa degli allenamenti, un modo per tornare alla normalità dopo un lunedì di paura e morte.
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Attentato a San Pietroburgo, in azione un 22enne kirghiso
Forse attacco kamikaze: un solo sospetto in azione. Si segue la pista islamista. Occhi puntati su Akbarjon Djalilov
Si tratterebbe del 22enne Akbarjon Djalilov. La pista è quella della jihad, la guerra santa dettata dal Corano. I servizi segreti di Mosca sapevano della preparazione di attentati terroristici: erano stati avvertiti da un russo che collaborava con l'Isis ed era detenuto dopo il suo ritorno dalla Siria. Secondo il servizio di sicurezza russo Fsb sono almeno settemila i cittadini provenienti dalle diverse Repubbliche dell'ex-Urss, dei quali 2.900 russi, ad aver raggiunto come foreign fighters le fila dello Stato islamico.
Parlare ieri sera del coinvolgimento di un cittadino del Kazakistan, il 22enne Maksim Arishev, nell'attacco terroristico alla metropolitana di San Pietroburgo era prematuro. Dopo che ieri notte i media russi hanno riferito che si traterebbe di un attacco suicida sferrato da un giovane proveniente dall'Asia centrale Anuar Zhainakov, il capo del servizio stampa del ministero degli Esteri kazako, aveva infatti invitato alla calma. Le foto diffuse, che indicano il ragazzo come originario dell'Asia Centrale, lo mostrano con gli occhiali, una giacca marrone con il cappuccio e un cappello blu. In spalla, lo zainetto che avrebbe contenuto l'ordigno rudimentale, poi esploso nel terzo vagone tra la metro "Tekhnologhichesky Institut" e "Sennaya Ploshchady". Il giovane, prima di infilarsi nel vagone e compiere l'attentato, avrebbe lasciato l'ordigno poi trovato inesploso alla stazione di "Ploshchad Vosstaniya".
L'antiterrorismo russa starebbe seguendo la pista di un kamikaze membro di un'organizzazione terroristica islamista messa al bando nel Paese. "Il kamikaze - sostiene una fonte dei servizi di sicurezza - avrebbe celato l'ordigno in uno zaino". Il tutto "sulla base dei resti ritrovati che fanno propendere per un'esplosione causata da un attentatore suicida - ha aggiunto la fonte dietro condizione di anonimato - ma la certezza potrà solo venire dopo l'esame del dna". Ieri alle 21.06 (ora locale) al Consolato generale kazako di San Pietroburgo è arrivata la chiamata di Irina Arishev da Almaty che ha riferito che, dopo l'attentato in metropolitana (guarda il video), non è riuscita più a mettersi in contatto con il figlio Maksim Arishev, studente del terzo anno di studi di economia nell'università della città sul Baltico. Oggi, poi, la smentita e la nuova pista. Adesso gli occhi sono puntati su Akbarjon Djalilov (o Akbarzhon Jalilov), nato nella città di Osh nel 1995. Il Kirghizistan, Paese dell'Asia centrale a maggioranza musulmana, è uno stretto alleato politico della Russia e ospita una base militare aerea russa.
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