Diplomatosi come geometra, lavora da impiegato al Comune di Monza per otto
anni, Comune per il quale viene anche candidato come sindaco nelle liste della Democrazia Cristiana.
Successivamente acquista dall'Ing. Barbuti una piccola società, l'Elettronica Industriale, azienda di Lissone (provincia di Monza e Brianza) specializzata in apparecchiature per la ricezione dei segnali televisivi.
In pochi anni diventa fornitore di Telemontecarlo, all'epoca la quarta emittente italiana per importanza. Questo lo porta, nel 1979, alla collaborazione con Silvio Berlusconi, allora proprietario di Telemilano 58, al quale propone di sviluppare il segnale televisivo con ripetitori per tutta la nazione, e col quale fonda Canale 5, dopo aver ceduto il 50% della società "Elettronica Industriale" allo stesso Berlusconi per la gestione congiunta del segnale televisivo.
La sua carriera di dirigente sportivo inizia al Calcio Monza[1] nel 1984 ricoprendo per due stagioni consecutive 1984-85 e 1985-86 la carica di Vice-Presidente.[2]
Dal 1986 è amministratore delegato dell'Associazione Calcio Milan, successivamente ne diventa vice-presidente vicario. In questa veste nel 1991 si renderà protagonista di un episodio molto controverso: durante la partita di ritorno dei quarti di finale di Coppa dei Campioni contro l'Olympique de Marseille, un black out improvviso (poi rientrato in parte) convinse l'A.D. del Milan a far ritirare i rossoneri.[3] Il risultato era di 1-0 per i francesi. A causa di quella decisione il club meneghino venne estromesso dalle competizioni europee nell'anno successivo.[4]
Nel 2002 è divenuto anche presidente della Lega Nazionale Professionisti.[5] Tale carica, assunta e mantenuta durante l'incarico alla presidenza del Milan, ha suscitato molte polemiche per il cosiddetto conflitto di interessi.[6]
La sera del 22 giugno 2006 si è dimesso dalla presidenza della Lega Nazionale Professionisti dopo la notizia del suo deferimento ad opera del procuratore federale Stefano Palazzi che indaga sullo scandalo di Calciopoli: lo ha comunicato lo stesso Galliani con una lettera ai consiglieri in cui ribadisce la sua "totale estraneità da ogni addebito". La Corte Federale lo ha condannato in secondo grado ad una squalifica di 9 mesi, ridotta a 5 mesi più una multa dall'arbitrato del CONI. Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per il vicepresidente dell'Inter Rinaldo Ghelfi, l'ex dirigente Mauro Gambaro, e l'ex amministratore delegato e vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani. I tre sono indagati nell'ambito dell'inchiesta sul falso in bilancio condotta dal PM Carlo Nocerino. I dirigenti accusati avrebbero 'ritoccato' i conti dei due club calcistici attraverso lo scambio di alcuni giocatori i cui prezzi sarebbero stati gonfiati. Il Milan e l'Inter sono accusati di aver violato la legge 231 che obbliga le società "a predisporre modelli organizzativi atti a prevenire reati". I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra 1999 e il 2003. Peraltro, con sentenza[7] del 31 gennaio 2008 il GUP di Milano, Paola Di Lorenzo, ha prosciolto sia Galliani, sia la società A.C. Milan da ogni addebito perché il fatto non costituisce reato
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