Zvonimir Boban, detto Zvone, cresce calcisticamente nella Dinamo Zagabria, per la quale debutta a soli 16 anni, e che lo lancia in patria e in Europa. Dopo appena 3 anni ne diventa capitano e leader assoluto, arrivando a collezionare 109 partite e 45 gol in sei anni. È uno dei giovani più promettenti d'Europa.
Nel maggio del 1990 si verificano i disordini più gravi della storia del calcio jugoslavo. L'incontro Dinamo Zagabria-Stella Rossa non può neppure aver inizio, perché la baraonda scoppiata sugli spalti assume in pochi minuti dimensioni drammatiche. Quando i giocatori della Dinamo intervengono per cercare di calmare le acque, avviene il fatto più eclatante: Zvonimir Boban colpisce un agente con un calcio volante per proteggere un giovane tifoso croato dalle manganellate della Polizia Federale Jugoslava.
La rivolta si spegne solo a tarda notte, con un bilancio di 138 feriti, 147 arresti e danni ingentissimi sia dentro lo stadio che nelle strade adiacenti. Boban rischierà l'arresto e gli verrà negata la convocazione ai Mondiali 1990 in Italia. Questo drammatico evento non fa che inasprire il conflitto sociale fra le due principali repubbliche jugoslave.
Approda alla Serie A italiana grazie al Milan, che, nel 1991, lo ingaggia su precisa richiesta di Fabio Capello e lo manda in prestito al Bari per farlo ambientare nel campionato italiano.
Con il Bari esordisce in Serie A il 17 novembre 1991 nella partita Bari-Lazio 1-2.
Ritorna al Milan nella stagione 1992/1993. In rossonero vince la Champions League nel 1994 e 4 scudetti, l'ultimo dei quali nel 1999. È proprio in quest'ultimo scudetto che il suo contributo risulta più che mai determinante. È il trequartista che fa la differenza in mezzo al campo, con le sue finte in grado di ingannare qualunque avversario e la sua visione di gioco.
Il 3 agosto 2001 lascia il Milan e si trasferisce al Celta Vigo con la formula del prestito con diritto di riscatto, ma si ritira dopo soli due mesi e mezzo, il 15 ottobre. Il giorno del suo addio al popolo rossonero, riceve dai tifosi un'ovazione che fino ad allora era stata riservata solo a Marco Van Basten.
Hanno detto di lui:
« È così bravo che ti vien voglia di sederti in mezzo al campo e guardarlo mentre gioca. Zvone incute paura agli avversari per questo, perché dà sempre questo senso di calma. In mezzo al campo a volte ti viene non dico il panico, ma insomma ti trovi in difficoltà fra tanta gente; pare che a lui questo non succeda mai. Dentro al campo sei molto di quello che sei fuori e lui dà questa sensazione assoluta di logica e serenità. Sembra che nessuna situazione di gioco per lui sia complicata, nessuna decisione difficile da prendere, e questa freddezza è sempre stata la qualità che più gli ho invidiato. È difficile trovare difetti a Zvone. Purtroppo ha avuto tanti infortuni che gli hanno impedito di concorrere per il Pallone d'Oro che era di certo alla sua portata. Qualcuno dice che è stato discontinuo? Lo dicono di tanti, anche di me ma non mi pare così anormale per un giocatore che deve sempre creare la grande giocata. Non si può inventare per 90 minuti di seguito, ma se a volte passi banalmente la palla a un compagno non significa che non sei in partita: significa che aspetti l'ispirazione. Chi inventa, come Zvone, fa così. »
(Manuel Rui Costa, l'"erede" della maglia numero 10 al Milan)