KAka e i teatrini di mercato Una volta erano strategie. Oggi sono teatrini, scaduti un po' di rango. Una volta c'erano balle studiate a tavolino, accompagnate da sorrisi larghi così, il più famoso quell' "Ibra impossibilissimo" che parve definitivo e invece spiazzò tutti. Oggi trattative, sussurri, voci e indiscrezioni si sgretolano tra commercialisti spagnoli, bancarottieri cinesi e sceicchi capricciosi. Perché? Cos'è cambiato nel frattempo? La cinghia tirata e la cassaforte blindata, anzitutto. Berlusconi piange miseria, il prossimo passo potrebbe essere la richiesta di un prestito ai tifosi rossoneri. Subito dopo questo scenario che è cambiato, è cambiata la comunicazione, ormai definitivamente affidata a smorfie, bugie, sorrisi, "giorni up e giorni down (cit.)". Mai, prima, "ho convinto Kakà a restare", "lo chiamerò oggi al telefono" e poi Kakà che va a Madrid. Mai, prima, un bar con colazione, sorrisi e fotografie in Sudamerica. Con Tevez che poi riparte per Manchester. Mai un Pato impacchettato, venduto, sbolognato per decine di milioni al PSG, poi rimasto a Milanello. Mai un "Ibra non si tocca", "Thiago Silva incedibile", "Il presidente ha fatto uno sforzo e lo ha tenuto", poi entrambi da Leonardo e Ancelotti (manco a dirlo). Mai, prima, Leonardo in panchina al posto di Ancelotti che in rossonero sembrava il nuovo Ferguson. Mai, prima, un allenatore esonerato una mezza dozzina di volte in tribuna, in diretta tv, nelle battute con gli amici o i segretari di partito, in radio, sui giornali. Allegri invece sì. Possiamo andare avanti, fino a sbattere la faccia sulle travi del palcoscenico e rimanere impigliati nel sipario degli ultimi teatrini: Kakà, già rimbalzato nell'agosto scorso per colpa di un fiscalista in vacanza. Pato, svenduto al primo offerente. Robinho, costretto suo malgrado alla prigione dorata del calcio italiano. Balotelli, "mela marcia no scusate ho sbagliato non parlavo di lui cosa avete capito", così, senza virgole. Drogba. Beckham. Vecchietti gloriosi da sognare in mezzo a El Shaarawy e Niang, Saponara e De Sciglio. Da sognare o da non capirci più nulla. Allegri si arrabbia con chi continua a pensare al Milan degli ultimi 25 anni (1986-2011), perché quel Milan non c'è più, dice. Una cosa, tra le altre, l'allenatore non sembra aver capito del Milan e dei milanisti: amano. E chi ama, per quanto miope, merita rispetto, casomai compassione. Che non sia più quel club dove Mexes avrebbe fatto il quarto centrale difensivo tra panchina e tribuna e oggi è titolare, grazie, lo avevamo capito eccome da soli. Che qualcuno dovesse, potesse, volesse spiegare perché invece questo ora accade, e che qualcuno non si stupisse di San Siro deserto oppure pieno di fischi, questo è un altro paio di maniche. Avrebbe aiutato a capire perché l'Inter ha venduto le sue icone una all'anno (sostituendole con Handanovic, Juan Jesus, Ranocchia, Cassano, Guarin, Palacio), perché il Napoli è riuscito a spacciare come un colpaccio la cessione di Lavezzi e quindi promosso titolare Pandev, perché la Juve ha lasciato andare Del Piero e si è ripresa Giovinco... Perché insomma un austerity da rifondazione globale nella crisi finanziaria del pianeta, abbia portato il Milan e soltanto il Milan allo smantellamento di una squadra intera a cavallo tra l'estate del 2012 e il gennaio 2013. Pur rimanendo di proprietà di uno degli uomini più ricchi, di questo pianeta in crisi. Giudicare con una settimana di anticipo rispetto al "gong" il mercato di riparazione rossonero sarebbe miope. Dunque attendiamo il 31, il finale della sceneggiatura manzoniana del matrimonio di riparazione con Kakà e l'entità delle altre strategiche balle di questo supplizio supplementare agli sconcerti di giugno. Magari invece quel giorno, quando il sipario calerà, qualcuno in platea scatterà persino in piedi per applaudire e qualcun altro dal loggione ci tirerà in testa uova marce e ortaggi (perché noi saremo in platea). Magari. Basta aspettare. Perché comunque il dibattito è destinato a sopravvivere: se Kakà non arriva, se Drogba resta a Shangai e Balotelli nella sua villa con piscina a Manchester (villa con piscina a Manchester: non gli hanno detto che piove 11 mesi l'anno?), per qualcuno sarà meglio, per qualcun altro sarà stata una farsa. Noi quello che pensiamo lo abbiamo già detto: basterebbe dire tutto prima. Forse sarebbe troppo semplice. Sicuramente troppo coraggioso. Fonte TMW
Parole Sante
Edited by Sobery - 25/1/2013, 17:09
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