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Unicredit e quel business chiamato calcio

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view post Posted on 13/2/2015, 15:10
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il piccolo Buddha

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CITAZIONE
Unicredit e quel business chiamato calcio!
di Stefano Greco

Nulla accade per caso. Non è un caso se sulla poltrone di presidente della Lega Calcio continua a sedere tal Maurizio Beretta che, in barba al conflitto d’interessi, da marzo del 2011 è responsabile della comunicazione del Gruppo Unicredit. Non è un caso se da qualche anno la Lega Calcio ha offerto a tutti i club di Serie A di cedere a condizioni vantaggiose (sia per la banca che per i presidenti) i proventi futuri dei diritti tv, quelli elargiti dalla Lega stessa e garantiti da un contratto triennale blindato da quasi un miliardo di euro all’anno. Si chiama factoring, lo faceva Sergio Cragnotti più di 15 anni fa e l’interlocutore era sempre lo stesso: Banca di Roma, poi diventata Capitalia e in seguito Unicredit.

Sono cambiati i nomi, i marchi, i registi (occulti e non) di certe operazioni, ma non il fatto che da anni gran parte del calcio italiano è nelle mani di questa banca. Quella che aveva azioni della Lazio e che ha “cacciato” Cragnotti e affidato la società in mani “sicure”, quelle di Lotito. Sicure, perché Lotito è un uomo della banca, uno che non ha mai alzato completamente il coperchio per evitare di far uscire quello che c’era realmente nei bilanci della Lazio. Non tanto quello che aveva lasciato Cragnotti, ma quello che è successo tra gennaio del 2003 e luglio del 2004. Avete mai sentito Lotito attaccare la banca e gli uomini che per conto di Capitalia hanno gestito la Lazio in quel periodo in cui si è aperta una voragine nei conti e sono spariti, quasi dissolti nel nulla, due aumenti di capitale per un totale di oltre 150 milioni di euro, con un buco arrivato a sfiorare i 400 milioni? Mai. Chissà perché. La banca è quella che finanziava Tanzi, Cecchi Gori, Gaucci e il Napoli di Ferlaino, guarda caso tutte società fallite e costrette a ripartire da zero. La banca, è quella che ha immesso soldi (in prestito…) nelle casse per salvare la Roma dal naufragio, perché la banca della città di Roma non si poteva permettere il lusso di far fallire la Roma, ma soprattutto di far finire nelle mani di qualche giudice fallimentare i bilanci della Roma, così come aveva accuratamente evitato che succedesse la stessa cosa con i bilanci della Lazio. Perché, di fatto, sia con Cragnotti (e soprattutto dopo…) che con i Sensi al comando, era in realtà la banca a tenere i fili: a concedere fideiussioni per l’iscrizione al campionato, indicando anche da chi andare per sottoscrivere le polizze assicurative a garanzia di quelle fideiussioni, magari dal marito della figlia di qualche pezzo grosso della banca stessa. Assicurazioni inutili (quasi una sorta di tangente legalizzata), visto che quelle fideiussioni erano comunque garantite dai contratti televisivi. Sì, perché è quello il nuovo business per la banca: concedere credito a tassi (Euribor più 5-5,5%) convenienti andando sul sicuro, perché a garanzia di quei soldi ci sono i contratti televisivi, da 50 fino a quasi 100 milioni di euro all’anno. Un affare soprattutto per chi viene dall’estero, per i “magnati” (o presunti tali) presentati come salvatori del calcio italiano. Sono manager, uomini di affari, oppure dei semplici procacciatori di affare per conto terzi o gestori di fondi di investimento. Basta pensa agli americani della Roma, a Thohir, ma anche a Tacopina che, dopo anni di inseguimento, è riuscito a mettere le mani sul Bologna, praticamente senza tirare fuori un euro. O quasi…

Sì, perché anche se sembra assurdo, pur essendo retrocesso e coperto di debiti, quest’anno il Bologna ha un tesoretto da 27 milioni di euro garantito dai diritti tv, da quella sorta di fondo di garanzia che protegge (per un anno) le società che dalla Serie A scendono in Serie B. Lo chiamano scivolo, ed è stato istituito perché senza quello tutte le società che scendono dalla Serie A alla Serie B sarebbero già tecnicamente fallite, visto che da un anno all’altro si passa da un minimo di 30 milioni di euro garantiti dai diritti tv, ai circa 3,5 milioni che prendono le società che già stanno in Serie B. Per questo, le società che scendono in B e non riescono a risalire, nel giro di un anno spariscono: è successo con il Siena quest’anno, ma è successo in molti altri casi negli ultimi anni. Tacopina, quindi, per prendere il Bologna si è fatto anticipare i soldi che incasserà sicuramente a fine giugno e fino ad allora investirà solo sul progetto tecnico, perché senza Serie A il Bologna potrebbe fare a fine anno la fine del Siena.

Già, ma perché il Siena sparisce nel silenzio generale mentre club che hanno indebitamenti 10 volte superiori restano tranquillamente a galla e, in barba al “Fair Play Finanziario”, continuano anche a spendere soldi sul mercato? Perché questo è il nuovo business: si chiama “ristrutturazione del debito”, in pratica è una sorta di mutuo, concesso dalla Banca (sempre Unicredit, chiaramente), a fronte di un piano di riduzione delle spese (e quindi dell’indebitamento) e garantito dai contratti televisivi, ma anche dai contratti pluriennali degli sponsor tecnici e dei main sponsor. I casi più eclatanti, sono quelli di Inter e Roma.

Nel 2002, Sergio Cragnotti aveva varato un progetto di trasformazione della Lazio. Talmente innovativo e rivoluzionario, che fu chiaramente stoppato dall’allora presidente della Federcalcio, Franco Carraro, che solo per coincidenza era presidente di Medio Credito Centrale (la banca che fece da consorzio di garanzia del famoso aumento di capitale da 120 milioni di euro fatto dalla Lazio nell’estate del 2003, quello svanito d’incanto…) e membro del Cda di Banca di Roma. Cragnotti, aveva progettato di dividere la Lazio in tante piccole società, in modo tale da far confluire i debiti della Lazio Spa in delle controllate che potevano accedere al credito grazie al fatto che in quella cassaforte erano custoditi il marchio e i contratti televisivi e quelli di sponsorizzazione. Cragnotti fu stoppato, ora a distanza di 12 anni fanno tutti così. E grazie a questo spacchettamento si è salvata la Roma e si stanno salvando il Milan e tanti altri club, Inter in testa.

Partiamo dalla società di Thohir, cercando di spiegare in modo semplice il modello operativo utilizzato dal magnate indonesiano per l'Inter, con una complessa operazione realizzata tra maggio e giugno 2014 con la supervisione di Unicredit (guarda caso…) e Goldman Sachs. Unicredit, ceduta ad agosto la sua partecipazione nell'As Roma (incassando 33 milioni di euro da James Pallotta e dai suoi soci americani per quel 31% di Neep holding che controlla il club giallorosso), ha chiuso l'era dell'esposizione diretta nelle società calcistiche. Quella che aveva caratterizzato l’epoca d’oro della Lazio di Cragnotti e della Roma di Sensi. Ma ha dato vita ad una nuova era, quella della “ridefinizione (o ristrutturazione) del debito”, con il ruolo di consulente delle società e di finanziatore dell’operazione. Nel caso dell’Inter, Unicredit ha in effetti erogato un nuovo finanziamento da 230 milioni “per conto” degli investitori istituzionali stranieri. In pratica, Unicredit ha dato a Thohir i soldi girati poi all'Inter: ovvero 200 milioni come linea di credito per rifinanziare i debiti esistenti e liberare le garanzie personali rilasciate da Massimo Moratti, più 30 milioni di euro per le spese correnti.

A garanzia di questa sorta di “mutuo”, sono stati dati i contratti di sponsorizzazione, il marchio Inter e i soldi dei diritti tv racchiusi in quella cassaforte che non fa capo direttamente all’Inter, ma alla sua controllata “Inter Media and Communication Srl”. Questo finanziamento concesso la scorsa primavera garantisce alla banca interessi ad un tasso variabile (Euribor a 3 mesi più uno spread del 5,5%) e prevede questo piano di rimborso: una rata da un 1 milione di euro entro il 30 giugno 2015; 15 rate trimestrali da 3 milioni dal 30 settembre 2015 al 31 marzo 2019 per un totale di 45 milioni di euro; una mega rata finale da 184 milioni da versare entro il 30 giugno 2019. Soldi “sicuri”, perché garantiti dal contratto tv già in essere e da quello triennale che scatterà a partire dalla prossima stagione. Più altre garanzie fornite da Thohir. Ovvero, quello che voleva fare Cragnotti 13 anni fa e che gli è stato impedito di fare, quello che avrebbe evitato il drastico ridimensionamento della Lazio, costretta a fare cassa e subito vendendo i pezzi migliori o perdendo a zero giocatori che rappresentavano un capitale importante.

Allo stesso modello di rifinanziamento di credito passante, chiamato in gergo “conduit”, sta pensando la Roma per ristrutturare il debito e aggirare la ghigliottina delle sanzioni UEFA per il mancato rispetto del “Fair Play Finanziario”. Forte delle entrate garantite dalla partecipazione in questa stagione alla Champions League (e dalla divisione di una torta ancora più ricca grazie all’uscita di scena del Napoli e quindi alla spartizione con la Juventus relativa alla quota che spetta alla terza squadra italiana…), il 13 novembre il cda della Roma ha annunciato l'avvio di una trattativa con Goldman Sachs per realizzare un'operazione finalizzata alla sottoscrizione di una linea di credito garantita, sul modello di quella ottenuta da Thohir per l’Inter. In questo modo, Pallotta punta ad azzerare l'indebitamento finanziario attuale (111,3 milioni al 30 settembre 2014) spalmando il costo dell’operazione in più anni, in modo da poter sostenere i costi operativi di una società obbligata ad investire per occupare una di quelle due-tre piazze che garantiscono (grazie alla partecipazione alla Champions League) dai 30 ai 50 milioni di euro di entrate.

Come ha fatto l'Inter, per la “copertura” del prestito sarà costituita una società alla quale saranno girate le attività media, di licensing e sponsorship. Insomma, si creerà una sorta di cassaforte nella quale confluiranno sia i soldi garantiti dal prossimo contratto tv triennale che quelli destinati ad entrare (altrettanto garantiti) grazie alla firma dell’accordo con la Nike, oltre a quelli del main sponsor che alle decine di milioni di euro che entreranno in cassa a luglio grazie alla partecipazione alla Champions League di quest’anno e quella (praticamente certa…) della prossima stagione.

Con queste due operazioni, Unicredit si è assicurata (a tassi importanti, in un momento in cui il denaro costa ZERO…) entrate sicure per prestiti garantiti da contratti già in essere. Insomma, un’operazione a rischio zero o quasi, perché se è vero che il calcio italiano è in crisi, i soldi che continuano ad entrare nelle casse dei grandi club sono tanti e così sarà almeno per le prossime tre stagioni. E dopo Inter e Roma, altre società di Serie A potrebbero scegliere la stessa strada, diventando “clienti” di Unicredit con operazioni identiche o simili. Se la Juventus con un indebitamento al 30 settembre 2014 di 216,9 milioni di euro non ha grandi problemi, vista la crescita del fatturato e il contenimento delle spese, il prossimo cliente potrebbe essere il Milan, che al 31 dicembre 2013 aveva una posizione finanziaria netta negativa per 256 milioni (di cui 144 milioni verso le banche) e che quest’anno vedrà crollare il proprio fatturato a causa della mancata partecipazione alla Champions League.

E poi subito dopo vengono Genoa, Sampdoria e Parma. Soprattutto la società di Preziosi, ovvero del grande amico di Lotito, versa in una situazione decisamente delicata: al 31 dicembre 2013 aveva debiti verso soci, banche e altri finanziatori per circa 85 milioni, con un indebitamento totale di 236 milioni di euro a fronte di 108 milioni di euro di crediti. Per questo, quando qualche mese fa si è sparsa la voce di un gruppo russo interessato alla Lazio, Lotito ha pubblicamente invitato i potenziali investitori ad andare a bussare alle porte dell’amico Preziosi. Perché la Lazio a settembre ha chiuso la trimestrale con una posizione netta negativa di 17 milioni di euro (e il fatturato a picco senza Europa e gli incassi garantiti un anno fa dal successo in Coppa Italia), ma con una cessione illustre a gennaio (come successo un anno fa con Hernanes) Lotito può tornare in linea di galleggiamento. Perché il vero progetto è quello: galleggiare. Altrimenti, il rischio è affondare, come sta succedendo al Parma dell’altro amico di Lotito, Ghirardi, che naviga in cattivissime acque e sta per ricevere penalizzazioni per il mancato pagamento di ingaggi e ritenute al 30 giugno 2013, quando aveva debiti totali per 175 milioni (di cui 78,4 verso banche, finanziatori e controllanti) e crediti per 86 milioni di euro. Per questo, Ghirardi ha deciso di richiamare in società Luca Baraldi, uomo da sempre in orbita Unicredit, visto che fu proprio la banca (allora Capitalia) a portarlo a Roma a gennaio del 2003 dopo la “defenestrazione” di Cragnotti. Perché nulla succede per caso, perché la storia si ripete e oggi come allora il calcio è un business per la banca che ha salvato sì la Roma ma si è assicurata gran parte di quel patrimonio da un miliardo di euro che aveva Franco Sensi. E chi credete che abbia pilotato Ferrero (quello che ha acquisito tutte le sale di Cecchi Gori, guarda caso) verso la Sampdoria, se non Unicredit, la vera padrona (neanche troppo occulta) del calcio italiano. Oggi come 10 e 15 anni fa, ma stavolta senza fare investimenti diretti nelle società, solo prestando soldi garantiti dai diritti tv. Quelli elargiti, guarda caso, dalla Lega di Serie A di cui è presidente Beretta, il responsabile della comunicazione del Gruppo Unicredit. Ma è una coincidenza… O forse no?

Un pò lungo ma veramente interessante da leggere
 
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