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Calciatore del Cosenza mostra maglietta con la scritta “Speziale innocente”: è Daspo

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ZiZiO_1911
view post Posted on 21/11/2012, 18:15 by: ZiZiO_1911




di Stefania Manservigi

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La maglia incriminata mostrata da Pietro Arcidiacono

Si tratta dell’ennesima storia di un Daspo, quella che sta infervorando il mondo dei tifosi. L’inusualità, in questo caso, sta però nel destinatario del provvedimento. Ad essere al centro della bufera, infatti, è Pietro Arcidiacono calciatore ventiquattrenne del Cosenza calcio militante in serie D. La sua colpa? Il Questore di Catanzaro, Guido Marino, ha ritenuto passibile della tanto temuta misura restrittiva della libertà personale il gesto che si è concesso il calciatore nella giornata di domenica: esibire, in seguito ad un gol, una maglietta con la scritta “Speziale innocente”.

Andiamo con ordine. Tutti ricorderanno la morte dell’ispettore di Polizia Raciti avvenuta nel febbraio 2007, in seguito agli scontri tra tifosi e forze dell’ordine in occasione del derby siciliano Catania – Palermo. In questi giorni la complessa vicenda giudiziaria che mirava a ricostruire gli avvenimenti e a trovare colpe e colpevole si è conclusa, consegnando un verdetto: la colpevolezza di Antonino Speziale, ultrà del Catania minorenne all’epoca dei fatti, condannato quindi a 8 anni per omicidio preterintenzionale. La sentenza della Cassazione era stata accolta però con molta diffidenza da parte dell’opinione pubblica. Diversi i punti controversi; in particolare le prove portate dalla difesa del ragazzo, di cui il Procuratore generale della Cassazione sembra non aver tenuto conto. Secondo la difesa, infatti, Raciti fu ucciso da un collega che, guidando un Discovery in retromarcia, lo colpì causandogli un trauma toracico di tipo automobilistico. A sostegno di questa tesi ci sono i filmati delle telecamere dello stadio, l’orario della morte, la perizia del Ris di Parma che dimostra che il sottolavello lanciato da Speziale contro Raciti, e ritenuto dall’accusa l’arma del delitto, non avrebbe mai potuto ucciderlo. In un clima di aperta sfiducia nelle istituzioni, quindi, avvalorato anche dai cori che i tifosi in diversi stadi hanno riservato alla sentenza di condanna nel processo Speziale, si inserisce la maglia di Pietro Arcidiacono, giovane ragazzo (ancor prima che calciatore) di origine catanese.

Il suo gesto di domenica ha scatenato infatti subito indignazione, costringendo lo stesso a giustificarsi per l’accaduto attraverso l’Ufficio stampa del Cosenza calcio che ha così riportato: “Non è stato un gesto contro le forze dell’ordine né, tanto meno, contro la famiglia Raciti, ma solo un atto di solidarietà verso un ragazzo che conosco perché siamo cresciuti nello stesso quartiere di Catania”. Giustificazioni che non sono bastate al Questore di Catanzaro che ha deciso per lui un Daspo di 3 anni, vietando quindi al calciatore l’ingresso in uno stadio per quel lasso di tempo. Il Daspo, misura amministrativa comminata nell’ambito delle manifestazioni sportive, ha come funzione primaria quella di prevenire la commissione dei cosiddetti reati da stadio, in seguito ad avvenimenti che accertino la pericolosità dell’individuo. Nel caso di specie, però, il Daspo più che strumento con funzione specialpreventiva, appare strumento con funzione punitiva. Sicuramente la decisione di comminare il Daspo nei confronti di Arcidiacono appare evidentemente eccessiva, leggi alla mano. Ad essere punito non è nessun comportamento violento o di incitamento alla violenza, ma il semplice diritto alla libertà di espressione e, perché no, di dissenso, sempre più diventato vittima sacrificale in diverse occasioni.

Inoltre anche la disparità di trattamento tra tesserati, risulta essere lampante. A tornare alla memoria è infatti un episodio, risalente a fine agosto del 2007: ancora protagonista il Catania, in occasione della sfida a Parma contro la squadra di casa guidata da Di Carlo. Ma in quell’occasione nell’occhio del ciclone furono i due tecnici: a seguito di una discussione tra i due, infatti, Baldini (l’allora ct del Catania) prese letteralmente a calci Di Carlo. La reazione dei tifosi fu immediata: la richiesta fu una parità di trattamento tra un tesserato e un qualsiasi tifoso e, quindi, la comminazione di un Daspo in seguito ad un comportamento violento. I vertici del Palazzo, però, subito smorzarono le polemiche affermando come un tesserato non potesse essere diffidato, tutt’al più avrebbe dovuto rispondere del suo operato alla Giustizia Sportiva. Interpretazione che, evidentemente, a distanza di 5 anni è cambiata. Una cosa è sicura: i legali di Arcidiacono proporranno ricorso. La battaglia, dunque, non si conclude qui. Anzi, è appena iniziata.

Fonte: Ansa
 
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5 replies since 21/11/2012, 18:15   46 views
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