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| | chiudere il bar per colpire gli ultras. purtroppo non è fantasia, ma la realtà. da mesi ormai a Bergamo è partita la caccia alle streghe. articoli tratti da Bergamo Post: CITAZIONE Secondo il questore di Bergamo, Fortunato Finolli, che ha rilasciato queste dichiarazioni all’edizione bergamasca del Corriere della Sera, «ci risulta in modo evidente che quel locale è punto di riferimento per gli ultrà. Siamo noi i primi a dire che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma abbiamo più elementi per ritenere che nel bar si ritrovano anche supporter violenti. C’è gente per bene, e anche gente di altro tipo. È un dato oggettivo. Oltre a questo, lo stesso tribunale del Riesame ha riconosciuto che a una serie di scontri, dopo la partita Atalanta-Roma del 22 novembre, hanno partecipato soggetti che si ritrovavano attorno al bar o che erano entrati nel locale subito dopo la partita. Stiamo seguendo la procedura corretta per arrivare alla chiusura». Dove per corretta procedura si intende il ricorso all’articolo 100 del regio decreto 1931 sulla pubblica sicurezza. Entro il 2 febbraio, l’avvocato Luca Salvioni, il legale che cura gli interessi dei proprietari e dei lavoratori del bar, ha tempo per presentare le contestazioni al provvedimento.
Lo stesso Salvioni al Corriere della Sera ha dichiarato: «È un errore definire il Baretto come locale esclusivo degli ultrà. Può capitare che sia un luogo di ritrovo di una parte della tifoseria giusto due volte a settimana, quando ci sono le partite in casa. Per il resto è una realtà frequentata da chiunque, un’attività commerciale che garantisce posti di lavoro e che va tutelata assolutamente».
Il questore di Bergamo risulta essere un eccellente funzionario dello Stato e, certamente, avrà le sue ragioni così come aveva avuto ragione quando avvertì ilm Viminale che Atalanta-Roma fosse una partita ad alto rischio e per questo aveva chiesto il divieto di trasferta per i tifosi capitolini.
Nella stessa misura in cui il questore fa il suo mestiere, per il poco che vale la mia opinione mi permetto di oppormi dichiaratamente a una misura che colpisce nel mucchio e fa proprio di ogni erba un fascio.
1) Se è vero, come sostiene lo stesso questore, “che nel bar si ritrovano supporter violenti”, il compito delle forze dell’ordine è o non è verificare se i comportamenti di questi signori infrangano le leggi e sbatterli in galera dopo avere acquisito le prove? En passant, siamo sempre in attesa di sapere chi siano stati i responsabili degli incidenti scatenati il 22 novembre nel dopopartita di Atalanta-Roma: o sei delle sette imputazioni mosse nei confronti dei ragazzi arrestati e poi mandati ai domiciliari con la sola imputazione di resistenza a pubblico ufficiale (imputazione, non condanna a titolo definitivo) sono cadute per volontà dello Spirito Santo?
2) Perché si accanisce contro tutti i frequentatori del Baretto dello stadio, questo Stato così solerte e così duro contro tutta la tifoseria nerazzurra e contro l’Atalanta, pesantemente danneggiata dal punto di vista economico, dell’immagine, del mancato sostegno della parte più appassionata dei propri sostenitori?
3) Perché un’analoga severità non viene riservata anche ad altre città, a cominciare dalla capitale, teatro di ben più gravi incidenti dentro e fuori uno stadio? Coraggio, ministro Alfano, ce lo spieghi, così ci sappiamo regolare una volta per tutte e ci rimangiamo l’impressione che, come nella fattoria degli animali di Orwell, tutti gli animali siano uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri.
4) Dopo Atalanta-Avellino, Atalanta-Cesena, Atalanta-Palermo, Atalanta-Chievo, notoriamente gare ad altissimo rischio, che senso ha vietare ancora l’ingresso allo stadio di Bergamo ai non possessori dell’inutile tessera del tifoso, il più efficace sfollagente mai inventato per desertificare gli stadi del Belpaese? Alla prima, vera partita a rischio scatterà il coprifuoco? Arriveranno i blindati dell’esercito? Sarà proibito circolare per le strade di Bergamo dall’alba al tramonto?
5) Che cosa c’entrano gli uomini, le donne, i ragazzi e le ragazze che anche stamane ho incrociato nel Baretto e riempiono pacificamente il locale ogni giorno perché si presume siano di loro gradimento la cortesia e il servizi di chi ci lavora?
6) Ma che razza di modo di fare è questo? Un conto è la condanna assoluta dei violenti e dei criminali, da individuare e arrestare, la solidarietà totale alle forze dell’ordine sottopagate e stressate dall’enorme lavoro che svolgono, un altro è fare di ogni erba un fascio. Se passa il principio che, per ragioni di sicurezza, bisogna chiudere ogni locale pubblico, quindi per sua stessa natura presumibilmente frequentato anche da chi non ha la fedina penale pulita, quanti ne rimarrebbero aperti? Altrimenti che cosa facciamo, chiediamo il certificato penale ad ogni avventore all’ingresso?
7) Fateci capire: in questo meraviglioso Paese, criminali incalliti e impuniti circolano a piede libero, per non dire del battaglione che infesta la Casta, ammorbata da galantuomini sotto inchiesta giudiziaria, ma, a Bergamo, il problema più importante di ordine pubblico è chiudere il Baretto dello Stadio perché lì “si ritrovano ANCHE supporter violenti?”. CITAZIONE A occhio e croce, il Prefetto di Bergamo, Francesca Ferrandino, ha un rapporto conflittuale con la fortuna. Ci dev’essere una congiuntura astrale negativa nel cielo sopra Via Tasso perché questi sono giorni duri e non solo perché sono i giorni della merla.
Prima i dati sulla criminalità a Bergamo e in provincia, in inquietante aumento (circa 5 mila furti in più in un anno e solo 4 ladri arrestati ogni 100 furti commessi; in aumento rapine, scippi, stalking, corruzione, concussione, ma l’importante è chiudere il Baretto dello stadio, noto covo terroristico). Poi la questione dell’affitto degli uffici della prefettura con la Provincia che vanta un arretrato di circa 2 milioni di euro, secondo la denuncia del segretario leghista Daniele Belotti.
Da ultimo, proprio nel giorno in cui la rappresentante del Governo a Bergamo ha rinnovato l’editto medievale che, per la quinta partita interna consecutiva, bandisce dal loro stadio i tifosi atalantini non possessori dell’omonima tessera, sono stati revocati gli arresti domiciliari ai sei giovani sotto inchiesta per gli incidenti post Atalanta-Roma del 22 novembre scorso. Ora hanno l’obbligo di firma dai Carabinieri e sarà molto interessante vedere come andrà a finire in tribunale, se mai si arriverà in tribunale, perché, prima dei domiciliari, gli stessi ragazzi che sin dal primo istante si sono proclamati innocenti, sono stati detenuti per venti giorni in carcere, manco fossero i tagliateste dell’Isis; sono stati esposti al pubblico ludibrio della più ributtante categoria che esista, quella dei benpensanti; hanno pagato, loro e le loro famiglie, un prezzo pesantissimo, in termini di danni morali e psicologici: quando la loro estraneità ai fatti verrà pubblicamente proclamata, è auspicabile adiscano tutte le vie legali per essere risarciti di ciò che hanno subito.
Al Prefetto di Bergamo e al taciturno sindaco di Bergamo che non dice una parola su un provvedimento che penalizza, discrimina, oltraggia una città intera, vogliamo semplicemente dire che ci siamo stancati.
Ci siamo stancati di uno Stato debole, incapace anche per i fatti del 22 novembre di imporre il rispetto delle sue leggi e che, a due mesi e sette giorni dagli incidenti di Atalanta-Roma, non ci ha ancora detto chi sia stato a scatenarli, quali siano state le vere responsabilità di ciò che è accaduto, chi abbia ferito gli agenti finiti in ospedale ai quali presumiamo non bastino più le solite, vuote, retoriche, parole di solidarietà della Casta che sono pure costretti a servire, sottopagati e supersfruttati.
Ci siamo stancati della criminalizzazione e della discriminazione di migliaia di bergamaschi che vogliono solo sostenere la propria squadra, coltivando in pace la loro passione.
Ci siamo stancati di prendere pugni in faccia, come l’ultimo che è arrivato per Atalanta-Cagliari.
Non ci stancheremo mai di protestare contro questa ingiustizia, a costo di spaccare i timpani a chi non è sordo, ma fa finta di non sentire.
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